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Nel 1925 la Ford è un’impresa di enorme successo, occupa circa due terzi del mercato automobilistico mondiale. Le risorse finanziarie accumulate sono enormi.
L’impresa è strettamente familiare. Henry Ford (57 anni) ne è l’autocrate assoluto.
Quindici anni dopo, che pure sono anni di grande sviluppo automobilistico, alla soglia della seconda guerra mondiale, la Ford è sull’orlo del fallimento.
La speranza a Detroit era riposta nel fatto che l’unico figlio Edsel prendesse presto il posto di Henry.
In parole più semplici: la speranza era che Henry Ford (72 anni) morisse. Sicché quando Edsel morì improvvisamente e con lui la speranza di un ricambio, si parlò seriamente di un intervento di salvataggio del governo degli Stati Uniti, o diretto o attraverso la Studebaker finanziata dal governo.
Nel 1944 il nipote Henry Ford II, venticinquenne privo di esperienza aziendale, con la benedizione e il sostegno della nonna (una donna magnifica che era stata sempre un grande sostegno per il vecchio Ford) fece un vero e proprio colpo di stato estromettendo il nonno ed i suoi stretti collaboratori, ed in primo piano, Harry Bennett, il capo della polizia segreta interna che era diventato l’uomo più potente dell’azienda.
Fu la salvezza e la rinascita perché Henry Ford II ricostituì una squadra di dirigenti adeguata e nei dieci anni successivi la Ford rifiorì, salvando anche la proprietà della famiglia.
E’ un caso classico di declino dell’imprenditore e, con lui, dell’impresa, un fenomeno che Ford aveva lucidamente preconizzato e criticato quando aveva cinquant’anni.
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Le cause principali della caduta della Ford sono molto chiare:
- legame indissolubile tra imprenditore e impresa, sicché il declino dell’uno equivale al declino della seconda;
- il grande innovatore aveva smesso di produrre o di lasciar produrre innovazione. Era rimasto legato al suo schema dei pochi modelli, schema correttissimo quando lo impose ma superato negli anni trenta con l’esplosione del mercato e l’irrompere sullo stesso di grandi concorrenti come la General Motors, che sulla varietà dei modelli aveva disegnato la propria strategia;
- la sua sfiducia nell’organizzazione e l’ansia di controllare tutto aveva fatto della polizia aziendale il perno del potere;
- l’azienda non aveva formato una classe dirigente, perché Henry Ford, lo aveva impedito. Ford voleva dei tecnici, dei bravi esecutori, non dei dirigenti. Le conoscenze dei fatti aziendali erano segmentate e, in gran parte segrete. Secondo Drucker, che ha studiato a fondo il caso: “il malgoverno di Ford era fondamentalmente la conseguenza del deliberato, cosciente e sistematico tentativo di amministrare un’azienda che valeva miliardi di dollari senza l’aiuto di dirigenti”.
In sostanza Henry Ford aveva tradito, invecchiando, la concezione d’impresa che lo aveva guidato nella maturità (anche se la sfiducia nei dirigenti era sin d’allora radicata in lui). Una lezione, questa del declino, non priva di insegnamenti di uguale importanza di quelli che scaturiscono dalla storia del successo. |
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First Ford. Henry I and his Quadricycle of 1896 |
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