|
Nella mia esperienza siamo riusciti ad affrontare correttamente i problemi dei rapporti famiglia-impresa solo quando il gruppo familiare è riuscito ad interiorizzare una corretta concezione d’impresa, derivando da questa concezione d’impresa (anziché da altre fonti tipo: valori familiari, considerazioni psicologiche, e simili) le scelte e le decisioni necessarie.
Mi è di grande aiuto in questo compito un grafico che evidenzia che l’impresa non è un fenomeno statico, non è un valore stabile. L’impresa è sempre un continuo flusso, un insieme di flussi.
Questa è una schematizzazione semplificata molto efficace, tratta dal libro di un francese, F. Oppenheim, che io consiglio sempre: La scuola del profitto; anche se è un vecchio libro, resta di grande qualità. Questo grafico dice: noi abbiamo dei clienti potenziali che dobbiamo trasformare in clienti reali, abbiamo delle materie prime che dobbiamo trasformare in prodotti; abbiamo una solvibilità, una affidabilità, qualcuno, siano banche o capitalisti, che ci dà una fiducia che dobbiamo trasformare in disponibilità; abbiamo del personale di primo impiego (e anche l'imprenditore stesso, all'inizio, è spesso di primo impiego; Camillo Olivetti, quando ha iniziato, imparava insieme ai suoi operai delle cose che non sapeva fare, che aveva in mente) che dobbiamo trasformare in personale qualificato.
Nel momento in cui abbiamo chiaro che l'impresa è un insieme di
flussi, sempre e solo flussi, abbiamo subito chiaro un altro concetto, che ho sentito una volta formulare da un imprenditore saggio ai suoi figli con queste parole: “Ragazzi, io non vi lascio una proprietà, vi lascio un'impresa di cui la proprietà è parte, con le sue responsabilità ed i suoi limiti. Ma quello che vi lascio è una cosa più complicata della proprietà e diversa in natura” .
| |
|