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La quinta lezione che voglio illustrare mi è stata impartita da Arthur Andersen e da Nicolino, un muratore contadino della campagna bresciana, che aveva allora 75 anni. Tra i concetti forti che Arthur Andersen trasmetteva ai giovani, ve ne era uno che mi colpiva in particolare, anche per una sua apparente ambiguità: think impersonally. Non era un incitamento all’indifferenza, ma al fare le cose come devono essere fatte senza farsi influenzare da elementi personali, passioni o interessi, o timori. Come un chirurgo che opera un figlio. Chi mi fece capire profondamente questa lezione fu Nicolino. Muratore contadino di 75 anni, aveva cessato da poco l’attività di muratore e poteva dedicare tutto il suo tempo all’amato lavoro dei campi. Avevamo fatto una permuta. Lui mi aveva ceduto un piccolo campo vicino a casa nostra. Io gli avevo acquistato e ceduto in permuta un campo più lontano, più grande ma non coltivato da vari anni. Nicolino lavorò a ripulirlo tutto l’inverno ed a primavera il campo era tirato a lucido. Un giorno passando lo vidi che piantava degli alberelli d’ulivo. Istintivamente mi venne da esclamare: “ma come, Nicolino, pianti degli ulivi”. Mentre pronunciavo quella frase mi resi conto che era sgradevole e infelice. Infatti il suo significato era inequivoco: ma, come, Nicolino pianti degli ulivi alla tua età, mentre sappiamo che per cogliere i frutti dell’ulivo ci vogliono almeno dieci anni. Nicolino mi guardò intensamente e mi rispose: vedi Marco, prima o poi bisogna incominciare. Era una grande lezione. Quando si è chiamati a fare certe cose ritenute giuste, bisogna farle a prescindere dall’età, dalla possibilità di cogliere i frutti e da altre implicazioni personali. Think impersonally. E’ una lezione per tutti, ma che mi sono trovato spesso ad applicare nell’ambito di imprese familiari.
Nella tradizione didascalica ebraica c’è una storia simile a questa. A un uomo molto vecchio che piantava alberi, gli amici chiedono apertamente: ma perché fai fatica a piantare alberi tu che sei così vecchio? E il vecchio rispose: perché gli alberi li vedrà mio figlio. Qui il richiamo è alla solidarietà tra generazioni. Ma a me la storia di Nicolino
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sembra più significativa. Perché Nicolino non era sposato e non aveva figli. Non c’era neppure quell’elemento di egoismo familiare che è fare qualcosa per i figli. Lo faceva solo perché era il suo dovere di bravo contadino. Lo faceva per il campo, per tenere bene il campo. Lo faceva per il suo essere uomo. Lo faceva per umanità. E’ un episodio che collego a un antico testo cinese che dice:
“Perché i re, i duchi e i grandi presenziano di buon’ora la corte e si ritirano solo molto tardi? Perché ascoltano i processi per una giornata intera? Perché non osano diminuire i loro sforzi? Perché si dicono: “ La forza d’animo genera l’ordine sociale, la mancanza di questa forza, il disordine; la forza d’animo genera la sicurezza pubblica, la mancanza di questa forza, il pubblico pericolo”. Così non osano diminuire i loro sforzi. Perché ministri e funzionari consumano la loro forza fisica ed esauriscono la loro intelligenza riflessiva? Perché regolano gli affari pubblici all’interno e percepiscono le dogane all’esterno? Perché non osano diminuire i loro sforzi? Perché si dicono: “La forza d’animo genera l’onore, la mancanza di questa forza, il disonore”. Così non osano diminuire i loro sforzi. Perché i contadini escono al mattino e fanno ritorno solo a sera? Perché si sforzano di arare, seminare, piantare e accumulare sementi più che possono? Perché non osano diminuire i loro sforzi? Perché si dicono: “La forza d’animo porta con sé la ricchezza, la mancanza di questa forza, l’indigenza; la forza d’animo produce cibo sufficiente, la mancanza di questa forza, la carestia”. Così, non osano diminuire i loro sforzi. Perché le donne si levano al mattino presto e si coricano a notte inoltrata? Perché si sforzano di filare, di tessere, di lavorare la canapa e il lino, di avvolgere la tela e la seta? Perché non osano diminuire i loro sforzi? Perché si dicono: “La forza d’animo porta con sé la ricchezza, la mancanza di questa forza, la povertà; la forza d’animo dà i mezzi per procurarsi il calore, la mancanza di questa forza ci lascia in preda al freddo”. Così, non osano diminuire i loro sforzi”.
Qui siamo alla radice dell’etica laica del fare e, dunque, ad una delle componenti essenziali dell’etica d’impresa. |
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